“Centro Don Bosco Bukavu”, BUKAVU

Nome progetto: Rifacimento della cucina dei ragazzi del Centro Don Bosco di Bukavu

Valore del progetto: 1.000 €

  1. Nome dell’Istituzione: Centro Don Bosco Bukavu
  2. Finalità Istituzione:
    • scuola dei mestieri Tuwe Wafundi per ragazzi di strada o in strada,
    • attività d’Oratorio e Centro Giovanile
  3. Riconoscimenti da parte di autorità locali: L’opera è gestita da una comunità di salesiani di don Bosco, appartenenti all’Ispettoria dell’Africa Centrale con sede a Lubumbashi. E’ riconosciuta dall’Arcivescovo di Bukavu, dalla Division des Affaires Sociales e dalla Division de la Justice del governo provinciale del Sud Kivu.
  4. Da dove provengono e chi gestisce gli aiuti economici: La scuola e le altre attività essendo totalmente gratuite, il Centro vive di progetti finanziati da governi, da fondazioni o da salesiani, e di doni
  5. Indirizzo e riferimenti:
    Indirizzo fisico: 16, av. Industrielle, Commune de Kadutu, Bukavu, Sud Kivu, RD Congo
    Indirizzo postale: Salésiens de Don Bosco, c/o Economat Diocésain, B.P. 02 CYANGUGU Rwanda
    Telefono: 00243 997035650
    E-mail: pierogavioli.pg@gmail.com
    Responsabile del progetto: don Piero Gavioli
  6. Contesto generale e particolare:

    I dati ufficiali del Congo si possono trovare su Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_Democratica_del_Congo. Il Congo è un paese di contrasti:

      • estesissimo (2300 mila km², circa 8 volte l’Italia) e relativamente poco abitato (30 abitanti al km2);
      • ricchissimo in risorse naturali con una popolazione in grande maggioranza poverissima: sarebbe meglio dire “impoverita” dallo sfruttamento nazionale e internazionale;
      • la gente porta un peso enorme di sofferenza (miseria, fame, malattia, guerra, violenza, sfruttamento…), eppure ha spesso il sorriso, manifesta ogni volta che può la gioia e la voglia di vivere.
      • In questo paese le donne hanno subito violenze e umiliazioni indicibili, eppure sono loro che sostengono le famiglie, i bambini, con una attività e una forza morale che meraviglia. Un catechista mi diceva: se noi uomini lavorassimo come le nostre mamme e le nostre spose, il Congo sarebbe il paese più sviluppato dell’Africa.
      • I bambini e i giovani, che costituiscono più del 60% della popolazione, sono spesso le prime vittime delle guerre, degli scioperi degli insegnanti, della miseria e della divisione delle famiglie… Eppure si battono per costruire un avvenire migliore e sono pronti a mettersi generosamente al servizio del paese e della Chiesa.

    Come religioso e come sacerdote, ho partecipato alla vita della Chiesa, soprattutto nella pastorale giovanile e parrocchiale. In questi 50 anni ho visto:

    • il passaggio da una Chiesa missionaria a una Chiesa africana, radicata nella cultura e nella società;
    • uno sviluppo straordinario del personale autoctono (vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose…): ci sono oggi una cinquantina di diocesi, tutte rette da vescovi congolesi, aiutati da un numero crescente di preti e di suore;
    • una presa di coscienza e di responsabilità del laicato, soprattutto attraverso le piccole comunità di base. Nelle vaste periferie delle città, come nei villaggi più isolati dell’interno, sono i laici che assicurano la vita della Chiesa (catechesi, liturgia, attenzione ai poveri, impegno per lo sviluppo…).

    Il Congo, in questi ultimi 50 anni, ha subito guerre, divisioni, regimi dittatoriali: la Chiesa, attraverso i suoi pastori, è intervenuta in difesa e sostegno della popolazione più povera, con la parola e con iniziative di promozione umana (scuole di ogni livello, ospedali e dispensari, sviluppo agricolo…). La Chiesa ha pagato un tributo di sangue (vescovi, sacerdoti, religiosi/religiose e laici uccisi) manifestando così la sua prossimità e la sua solidarietà con la popolazione: negli ultimi 20 anni, ci sono stati da 5 a 6 milioni di persone morte a causa delle guerre. A Bukavu è stato eretto un mausoleo in memoria di tre vescovi martiri: del primo di loro, Monsignor Christophe Munzihirwa, è stata introdotta la causa di beatificazione.

    In questi ultimi mesi, i vescovi cattolici hanno ripetutamente invitato a rispettare la costituzione, che prevede che un presidente non possa più essere candidato dopo due mandati. E’ il caso del presidente attuale, Joseph Kabila, eletto già due volte, nel 2006 e nel 2011. Ma i suoi sostenitori al governo dicono che non sono pronti per le elezioni e che il presidente Kabila deve restare in carica ancora almeno per un anno e mezzo. Ci sono per questo forti tensioni nel paese, con una repressione violenta che ha già fatto centinaia di morti. Ultimamente, il 2 aprile scorso a Carpi, prima dell’Angelus, il papa Francesco ha detto: “Continuano a giungere notizie di sanguinosi scontri armati nella regione del Kasai della Repubblica Democratica del Congo, scontri che stanno provocando vittime e sfollamenti e che colpiscono anche persone e proprietà della Chiesa: chiese, ospedali, scuole… Assicuro la mia vicinanza a questa nazione ed esorto tutti a pregare per la pace, affinché i cuori degli artefici di tali crimini non rimangano schiavi dell’odio e della violenza, perché sempre odio e violenza distruggono.” E il giorno di Pasqua, nel messaggio Urbi et Orbi, ha ricordato il Congo, tra i paesi africani  che soffrono di conflitti che si eternizzano.

    I salesiani di don Bosco a Bukavu

    In questo contesto, i salesiani di don Bosco, hanno scelto l’educazione dei ragazzi più poveri come via per cambiare la vita e per cambiare la società. Siamo presenti in Congo da più di 100 anni, abbiamo aperto scuole di ogni livello (ultimamente anche un Istituto superiore di Informatica e di Economia politica). Ma continuiamo ad avere una preferenza per l’accoglienza e l’educazione dei ragazzi di strada e dei ragazzi vulnerabili, a rischio. E’ il caso dell’opera di Bukavu, aperta due anni fa.

    I salesiani sono stati invitati a Bukavu da un missionario saveriano di Parma, padre Giovanni Querzani, fondatore di vari progetti sociali nel quartiere di Kadutu. Tra l’altro, una scuola professionale, TUWE WAFUNDI (“Diventammo artigiani”), per dare ai ragazzi esclusi dal sistema scolastico formale la possibilità di imparare un mestiere. Per garantire la continuità del suo lavoro, Padre Giovanni ha chiamato i Salesiani, noti per il loro carisma di prendersi cura di ragazzi vulnerabili. Dopo un anno di ricerca e di tentativi, una comunità di tre salesiani si è trasferita nella casa di Kadutu il 25 agosto 2015 e ha assunto la direzione della scuola professionale.

    I nostri destinatari. La scuola dei mestieri, diventata Centro Don Bosco Bukavu, si trova di fronte alla prigione centrale, a trecento metri da Piazza Indipendenza, dove si possono incontrare molti ragazzi di strada o in strada che esercitano le loro attività di sopravvivenza: lavare le auto, portare borse e sacchi, scaricare la spazzatura nel canale del quartiere, o semplicemente stare insieme per ammazzare il tempo. Come tutti i ragazzi provenienti da famiglie in crisi, devono arrangiarsi per sopravvivere. Per fare questo, tutti i mezzi sono buoni: piccoli lavori, furti, imbrogli, mendicità … La maggior parte di questi ragazzi hanno un basso livello di istruzione, hanno frequentato al massimo qualche anno di scuola elementare e poi hanno abbandonato – meglio, sono stati cacciati – perché le loro famiglie vulnerabili non potevano pagare le tasse scolastiche. Altri ragazzi, vittime delle stesse condizioni, hanno trovato lavoro come scaricatori nel porto di Bukavu – a dieci minuti a piedi da casa nostra. Guadagnano qualcosa per sopravvivere, ma a che prezzo? Portano a spalla sacchi e casse di decine di chili. Dopo alcuni anni non ce la faranno più, e non sapranno fare nient’altro.

    La scuola di mestieri. A questi ragazzi, di almeno 16 o 17 anni, abbiamo aperto gratuitamente la scuola di mestieri. In novembre 2016 erano 116, non di più a causa della ristrettezza dei laboratori. C’erano 40 apprendisti in costruzione, 30 in meccanica automobile, 24 in falegnameria e 22 in saldatura. Hanno seguito prima un corso di due mesi (che continua in parte durante l’anno) di alfabetizzazione e di recupero scolastico, e ora stanno seguendo otto mesi di pratica in laboratorio e tre mesi di tirocinio, in un’officina o in un cantiere. Non sarà facile per loro trovare lavoro, li accompagniamo con un assistente sociale e diamo loro un minimo di attrezzi, in maniera che possano fare qualcosa con le loro mani. Siamo ancora all’inizio dell’esperienza, aspettiamo qualche mese per verificarne i risultati.

    Le ragazze. I mestieri che proponiamo sono tradizionalmente considerati come maschili. Tra i 116 apprendisti, ci sono 4 ragazze, una per laboratorio. Alle altre ragazze vulnerabili che chiedono un mestiere più “femminile”, proponiamo di iscriverle al Centro Nyota, vicino al Don Bosco, dove possono seguire corsi di alfabetizzazione e imparare il mestiere di sarta e di parrucchiera.

    Per una sessantina di bambini e bambine più piccoli, che possono frequentare la scuola elementare e la scuola media, il Centro Don Bosco, con l’aiuto del sostegno a distanza, paga almeno la metà delle spese scolastiche (chiediamo una partecipazione ai genitori che possono darla).

    L’oratorio. Fin dall’inizio della nostra presenza a Bukavu, nonostante la ristrettezza del nostro cortile (20×20 m), abbiamo accolto i bambini del quartiere per attività ricreative e culturali. Un centinaio di bambini e bambine dai 6 ai 14 anni vengono all’oratorio quattro pomeriggi alla settimana per giocare a calcio o a giochi di sala (dama, carte, ping-pong…), ma anche per leggere, cantare, preparare una scenetta teatrale… Durante le vacanze scolastiche, organizziamo attività di tipo GREST, aiutati da una ventina di animatori volontari.

    I due pomeriggi in cui non c’è oratorio, accogliamo il coro dei giovani del quartiere che vengono a preparare i canti della Messa.

    I ragazzi in conflitto con la legge. Abbiamo incominciato ad accogliere nella scuola di mestieri alcuni ragazzi mandatici dal Presidente del tribunale dei minorenni, il quale pensa che la nostra scuola è più educativa della prigione. Se riusciamo a ristrutturare un capannone poco distante dal Centro Don Bosco, vorremmo accogliere anche i ragazzi di strada che passano la notte in condizioni penose, spesso vittime di soprusi da parte di militari o di ragazzi più grandi. Avremo la possibilità di conoscerli, di avviare un cammino di riunificazione in famiglia, di iscriverli nella scuola dei mestieri perché possano inserirsi nel lavoro e nella società.

  7. Numero dei beneficiari, età, sesso: All’inizio dell’anno, gli allievi della scuola dei mestieri sono circa un centinaio. Poi ci sono vari abbandoni. Le cause di abbandono possono essere varie: bisogno urgente di denaro, condizioni di abitazione e di alimentazione miserabili, incapacità di seguire i corsi teorici, dipendenza da alcol o droghe… Il presente progetto riguarda il rifacimento di un locale, e quindi non ha durata. I beneficiari saranno 100 per x anni.
    Come già detto in precedenza, gli apprendisti hanno da 17 a 22 anni. Tra i 116 dell’inizio dell’anno, c’erano 4 ragazze.
  8. Obiettivo del progetto: I progetti attualmente in corso per la formazione professionale prevedono un pasto semplice a mezzogiorno (polenta e fagioli): è un mezzo per invitare i ragazzi di strada o in strada a frequentare la scuola, e per dare loro forza e coraggio per lavorare nei laboratori anche nel pomeriggio. La cucina attuale è un locale trapezoidale di circa 13 m2, con il pavimento in terra battuta e i muri anneriti dal fumo: la cucina si fa per mezzo di due “forni” (ricavati da due boiler) in cui si pigiano i trucioli della falegnameria lasciando un camino mediano. Per ragioni di pulizia e di igiene, vorremmo fare un pavimento in cemento e mettere mattonelle ai muri, rifare l’installazione elettrica, acquistare un tavolo da cucina e uno scaffale metallici (il legno attira gli scarafaggi) e qualche utensile in più.